Alla mobilitazione dei piquetero e al sorgere delle assemblee dei quartieri si sono ora aggiunte le occupazioni delle fabbriche. Circa 120 imprese si sono messe a produrre per i propri lavoratori. La notizia ha entusiasmato la sinistra non solo in Argentina ma anche all’estero. Pare che non vi siano dubbi sulla enorme importanza di questo processo. Però ... perché? Una interpretazione del fenomeno scopre nel fatto concreto della occupazione e della produzione una serie di attributi, immediati o potenziali, che vanno ben al di là della coscienza sociale che i protagonisti hanno di tali attributi. Si tratta, in genere, della applicazione al caso Argentino della classica tesi dei consigli operaio. I suoi argomenti maggiormente menzionati sono: che le occupazioni delle fabbriche prefigurano una nuova società (oppure che appaiono in esse i germi del comunismo); che tramite l’opposizione di fatto al potere costituito emergono embrioni di doppio potere (o che servono come esperienza per una presa del potere statale); che confrontano il capitale come se fosse un fenomeno naturale e distruggono il mito della funzione sociale dell’imprenditore (o che siano necessari i padroni e i tecnici per far funzionare una unità produttiva); per ultimo, che l’appropriarsi dei mezzi di produzione pone in questione l’alienazione capitalista e la nozione stessa di proprietà privata.
È in queste interpretazioni automatiche che l’occupazione e la messa in produzione sono gli indicatori sufficienti di tutti gli attributi menzionati.
Tuttavia, l’importanza dell’occupazione delle fabbriche in Argentina risiede realmente in questi attributi?